La Gestione del territorio è l’insieme di tecniche, pratiche e istituzioni orientate dall’ amministrazione di un territorio dal punto di vista economico, sociale e ambientale.
La gestione e la pianificazione del territorio, attraverso i vari strumenti previsti dalla normativa, costituiscono gli elementi fondamentali del governo del territorio all’interno del quale, più estensivamente, rientrano l’attività conoscitiva, progettuale, normativa e finanziaria per la tutela, valorizzazione e trasformazione del territorio e dell’ambiente.
Il governo del territorio si fonda sull’integrazione delle competenze politiche, giuridiche, amministrative, scientifiche e comprende la materia urbanistica, l’edilizia, le opere pubbliche, la difesa del suolo, la cura degli interessi pubblici, e così via.
In linea generale, la gestione del territorio è funzionale allo sviluppo economico, all’uso e trasformazione dell’abitato con particolare riferimento al patrimonio e agli spazi pubblici, all’organizzazione della mobilità, della viabilità e dei servizi pubblici.
Tuttavia, della nozione di gestione del territorio non è possibile dare un’interpretazione univoca, soprattutto nel quadro di riferimento internazionale. Anche dal punto di vista dei significati pratico-operativi che a essa vengono attribuiti, è possibile rintracciare una molteplicità di diverse connotazioni come quelle assunte, per esempio, dai concetti di land, spatial, environmental o territorial management o dai concetti di aménagement du territoire, gestion des territoires.
Nel complesso, le significazioni variano a seconda: del contesto territoriale di riferimento e in particolare del tipo di organizzazione politico-istituzionale e amministrativa dello Stato; delle competenze giuridiche e finanziarie attribuite ai vari livelli di governo; del loro grado di autonomia e responsabilità; delle diverse tipologie di istituzioni con competenze in materia di territorio (come, per es., in Italia i parchi nazionali, le autorità di bacino, le comunità montane o altri enti). Recentemente, i processi di democratizzazione e decentralizzazione in atto in diversi paesi, la crescente complessità dei conflitti tra attori in materia di territorio e ambiente, l’applicazione di nuove politiche sociali e di sviluppo hanno di fatto portato a un ampliamento dei temi e delle finalità riconosciuti di pertinenza della gestione del territorio. Tra le finalità che nel corso del tempo vengono attribuite alla gestione del territorio, quella dello sviluppo sostenibile ha assunto particolare rilievo a partire dalla Conferenza delle Nazioni Unite del 1992 su ambiente e sviluppo (Rio de Janeiro) che ha lanciato il programma di azione Agenda 21.
Esso individua una serie di obiettivi economici, sociali, culturali e di protezione ambientale per il cui raggiungimento si fa esplicito riferimento al coinvolgimento attivo della popolazione interessata e a un rafforzamento del ruolo delle autorità locali. Il livello locale infatti, secondo il principio di sussidiarietà, è riconosciuto come il più pertinente per individuare i problemi ambientali che interessano una popolazione e come il più appropriato per la loro gestione con il coinvolgimento degli abitanti. A livello europeo, con la sottoscrizione della Carta delle città europee per un modello urbano sostenibile (Carta di Aalborg), a partire dal 1994 centinaia di autorità locali e associazioni di autorità locali s’impegnano «a raggiungere un consenso all’interno delle proprie comunità su una Agenda 21 Locale».
Secondo lo slogan pensa globalmente, agisci localmente è fiorita tutta una serie di iniziative ed esperienze di progettazione e di gestione del territorio per l’uso sostenibile di risorse come aria, acqua, terra, suolo.
La problematica dello sviluppo sostenibile in riferimento alla gestione del territorio, acquista rilievo perché essa richiama il tema della governance (v. governance territoriale/ambientale) e in particolare delle modalità attraverso le quali coinvolgere e far partecipare gruppi più o meno organizzati della società civile e i singoli cittadini alle scelte programmatiche e ai processi di gestione territoriale. Si afferma l’idea che il radicamento in un territorio di pratiche efficaci, coerenti e sostenibili dipenda dal modo con cui vengono gestite le problematiche territoriali e ambientali e da come, attraverso la partecipazione, i singoli abitanti di un territorio decidano di assumersi specifiche responsabilità in merito alla gestione del luogo in cui vivono.
In questi ultimi anni, inoltre, la gestione del territorio ha acquisito particolare rilievo anche in riferimento a un altro tema, quello della prevenzione dei disastri ambientali, oltre che, in caso di eventi eccezionali di origine naturale o antropica/tecnologica, della gestione delle emergenze in funzione preventiva rispetto a eventuali nuovi disastri. La rilevanza della gestione del territorio in relazione alla prevenzione/gestione dei disastri si coglie soprattutto a livello del nesso che esiste tra rischio ambientale e politiche di governo del territorio.
Secondo le interpretazioni più recenti che si vanno ormai consolidando e affermando, non è possibile valutare il rischio ambientale se non contestualizzandolo socialmente e territorialmente. Di conseguenza, non è possibile definire politiche di governo del rischio efficaci prendendo in considerazione solo l’ambito spaziale e localizzativo del rischio (in termini probabilistici).
Una corretta valutazione del rischio ambientale è quella, invece, che si ha quando si individua il contesto politico-istituzionale, economico e sociale pertinente per un suo efficace governo. In altre parole, la prevenzione/gestione dei disastri ambientali non può essere scissa dai luoghi in cui si dispiega il vissuto quotidiano dei singoli e delle collettività ‘a rischio’, e non può non tenere conto della qualità dei luoghi dell’abitare. Poiché i luoghi dell’abitare e la loro qualità dipendono fortemente dalla gestione del territorio messa in atto, è evidente il rilievo che essa assume in riferimento alla prevenzione/gestione dei disastri ambientali.
Tale funzione è il momento dinamico della pianificazione urbanistica, ossia la fase operativa, scandita dalle modalità e termini di applicazione delle prescrizioni urbanistiche contenute nei piani.
Nelle recenti tendenze , la pianificazione potrebbe definirsi come:
“La pianificazione del territorio si riferisce sia l’azione di una comunità nel suo territorio e sia la risultato di questa azione”
Roger Brunet
Questa è “l’azione e pratica (piuttosto che la scienza, la tecnologia o arte) di avere in ordine, attraverso lo spazio di un paese e in una visione in avanti, gli uomini e le loro attività, attrezzature e mezzi di comunicazione che possono utilizzare, tenendo conto naturali vincoli, umane ed economiche e anche strategiche. Pierre Merlin
“Si propone di sostituire un nuovo ordine al vecchio, per creare un layout migliore, una migliore distribuzione spaziale di ciò che costituisce una società di elementi operativi; meglio contro obiettivi, vale a dire non solo per motivi economici, ma anche per il benessere e lo sviluppo della popolazione; espressione vaga vago, ma comunque definire chiaramente il fine sociale, della pianificazione dello spazio umano. ” Eugène Claudius-Petit.
Pertanto il governo dell’attività umana, o la sua gestione, si sviluppa nel controllo, inteso nel senso più giurisprudenziale moderno , con l’intenzione di disciplinare l’esistente e organizzare il futuro.
Esso si manifesta in due esercizi:
– Governo del territorio
– Governo dell’edilizia
Potremo dire che mentre la gestione è la strategia, il governo è la tattica.
Occorre ricordare che la nostra piattaforma giuridica nazionale in materia urbanistica è rappresentata da emanazioni del Governo Fascista, nella fattispecie dell’azione energica di un suo Ministro, l’ingegner Giuseppe Gorla, Ministro dei lavori pubblici che aveva deciso di farsi carico del progetto di Araldo Di Crollalanza per una legge urbanistica nazionale.
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